Si è svolto a Roma un colloquio per discutere il tema: Tra laicità e confessionalità: la cultura religiosa nella scuola italiana, a 20 anni dall’Intesa tra il MPI e la CEI.
Recensione di Raffaella Di Marzio
Queste sono alcune riflessioni e spunti di discussione che metto a disposizione di tutti gli interessati dopo aver partecipato ad un interessante Colloquio che si è svolto a Roma nei giorni scorsi. I miei interlocutori sono soprattutto gli Insegnanti di Religione Cattolica, ma credo che ci siano anche altri lettori di SRS interessati all'argomento.
Gli accenni che dò sui temi affrontati dai relatori di questo Convegno sono naturalmente parziali e non danno un'idea completa dei contributi, che spero siano presto messi a disposizione dagli stessi relatori.
Il Colloquio si è svolto venerdì 16 dicembre presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati promosso dall' Associazione Agire Politicamente, in collaborazione con il Corso di Laurea in Scienze della Professionalità educativa dell’Università di Perugia, la Facoltà Valdese di Roma e l’Istituto di Scienze Religiose di Trento.
I lavori sono inziati alle 10 e si sono conclusi in serata articolati in due momenti: al mattino le relazioni di svolgimento del tema e la presentazione della proposta di un “insegnamento per tutti”. Nel pomeriggio, una tavola rotonda che ha messo a confronto esponenti del mondo politico, per verificare la praticabilità della proposta stessa, da presentare al Parlamento della prossima legislatura.
Dopo il saluto del Prof. Prenna, ha aperto i lavori il Prof. Pietro Scoppola che ha sottolineato come il tema della cultura religiosa nella scuola si riproponga oggi in modo molto diverso da quando fu ratificata l'Intesa tra il MPI e la CEI. Il cambiamento si è verificato per due motivi:
1) Il ritorno del fattore religioso sulla scena, anche con alcuni elementi di ambiguità come quelli legati ai fondamentalismi
2) La necessità di rivitalizzare quei valori che sono a fondamento della democrazia.
La democrazia, infatti, per continuare ad esistere non può fare a meno dell'esperienza religiosa ed è impossibile conoscere l'altro e la sua esperienza religiosa se non si diffonde la cultura religiosa come elemento indispensabile nell'ambito scolastico. Non si può dialogare con chi non si conosce. Il dialogo infatti presuppone sia la conoscenza del cristianesimo che quella delle altre religioni.
Come risolvere il problema di una istruzione religiosa nella scuola italiana che salvaguardi gli accordi del 1984 tra Stato e Chiesa?
E' questo il nodo centrale emerso durante i lavori della mattinata durante i quali si è sottolineato il fatto che, nell'attuale contesto culturale e storico, il mondo ecclesiastico dovrebbe aprirsi al nuovo per tentare di andare oltre l'insegnamento concordatario. In sostanza, insomma, non sarebbe più il caso di pretendere quella "esclusiva" che, di fatto, non consente, tra i bambini e giovani che frequentano la scuola, la diffusione capillare di conoscenze indispensabili per chi si prepara a vivere in una società multiculturale e multireligiosa.
Di questo argomento si è occupato nella sua relazione il Prof. Lino Prenna che ha ribadito la necessità che la cultura religiosa sia presente obbligatoriamente nella scuola e offerta a tutti.
Egli ha declinato i vari aspetti della cultura religiosa in senso soggettivo e oggettivo e ha affermato che la religione, per essere scolasticamente trattabile, deve essere una disciplina capace di istruire. Per ottenere questo a suo avviso sono poco idonee le scienze teologiche, mentre sono necessarie le scienze della religione e delle religioni.
La religione deve diventare disciplina curriculare per tutti poichè, mentre culturalmente la religione ha una sua rilevanza riconosciuta universalmente, non ne ha nessuna nella scuola che è invece l'agenzia che si occupa di diffondere la cultura stessa nelle nuove generazioni.
La mattinata si è conclusa con l'intervento di Franco Monaco, vice capogruppo DL - La Margherita, che ha parlato sul tema della libertà religiosa nella società plurale. Nel suo intervento ha illustrato alcuni aspetti della Legge sulla Libertà religiosa che da diversi anni attende di essere approvata ma che attualmente è in una fase di "insabbiamento" a causa di molti aspetti discutibili sui quali vengono sollevate critiche da più parti.
Egli ha inoltre chiarito il significato del termine "laico" quando viene attribuito allo Stato. La nozione di laicità dello Stato include alcuni aspetti fondamentali tra i quali:
1) Lo Stato non sposa alcuna visione del mondo
2) Lo Stato si impegna a non discriminare i cittadini sulla base delle loro convinzioni, di qualsisi genere esse siano
3) Lo Stato rispetta e promuove il dialogo tra le varie famiglie spirituali
E' uno Stato, dunque, che non fa del laicismo una bandiera, come sta avvenendo in Francia, poichè rispetta e valorizza la religione.
Al termine della mattinata, dopo alcuni interventi del pubblico presente, un'idea dominante emersa sia dalle relazioni che dal dibattito è quella relativa alla necessità di promuovere la conoscenza per intensificare il dialogo e in particolare l'urgenza di riaprire il confronto pubblico su questi temi all'interno della Chiesa cattolica.
Si è trattato di un interessante apporto al dibattito sull'insegnamento della religione nella scuola italiana e sui possibili futuri scenari. Il fatto, comunque, che si sia da tempo aperta una riflessione che coinvolge anche persone di altre confessioni religiose e il mondo politico ed accademico è indubbiamente positivo.
E lo è ancora di più se consideriamo in quali condizioni versa attualmente l'unico insegnamento di religione presente nella scuola, l'unico a "non fare media", come dicono gli alunni avvalentesi, discriminati di fronte agli altri non avvalentesi, poichè frequentano decine di ore in più durante l'anno scolastico ma non hanno alcun diritto a ricevere una valutazione degna di tale nome, come in tutte le altre discipline.
Certamente queste considerazioni possono sembrare semplicistiche di fronte alla vastità e profondità dei temi affrontati nel Colloquio ma danno comunque "il polso della situazione" e possono anche suscitare una riflessione sul fatto che è sì importante essere nella scuola, ma non è forse altrettanto importante chiedersi in che modo e con quale dignità ci siamo, soprattutto per quegli avvalentesi che continuano ad iscriversi invece di dedicarsi piacevolmente a frequentare l'ora del nulla?
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