Le Sette Religiose: EclisseForum.it intervista la Prof.ssa Raffaella Di Marzio
29 Giugno 2012
Prima di cominciare occorre fare una lunga prefazione. Nell’immaginario collettivo, da sempre, quando si indica con il termine setta un gruppo di persone che praticano un credo o dei riti divinatori, si percepisce in maniera del tutto naturale l’accezione negativa di questa parola imputando anche indirettamente al gruppo “setta” qualche “fatto” legato automaticamente a brutte storie o “reati in via di sviluppo”. Questo atteggiamento è spesso spinto dai media e tramandato fin dall’antichità dalle filosofie religiose “mainstream”: mentre i primi si limitano a raccontare solo i casi eclatanti dei vari reati commessi in determinati contesti settari, le seconde “dettano” nei vari paesi con diverse culture le linee guida sull’identificazione di ciò che è “setta”. Il quadro che ne emerge è veicolo di forti contrapposizioni, una sorta di caccia alle streghe in cui la società spesso punta il dito e giudica senza conoscere in realtà cosa sia una “setta” e imputando ad essa la brutta prospettiva di “reati certi” che saranno commessi.
Il punto critico di questo “way of think” riguarda l’enorme impressione suscitata da alcune terribili storie legate a sette e gruppi religiosi particolari che, da sempre, hanno riempito le cronache popolari e che col tempo sono state radicate in ogni uomo. Grazie alla Professoressa Raffaella Di Marzio, abbiamo la possibilità di capire meglio cosa gravita attorno al mondo settario da una parte e quali siano i limiti legislativi degli interventi che vengono proposti, dall’altra (come, ad esempio, il DDL 569). Rimane tuttavia un fatto, e cioè che alcune vicende settarie hanno evidenziato gravi reati; per questo motivo abbiamo diviso questo importante intervento in due argomentazioni: la prima, che presentiamo con questa pubblicazione, riguarda l’identificazione e la conoscenza del fenomeno settario e quali sono le problematiche legislative che gravitano attorno ad esso, con un occhio di riguardo verso le possibili discriminazioni che potrebbero verificarsi. Il secondo argomento tratterà, invece, gli approcci psicologici al fenomeno, con un focus sulle possibili insidie connesse alla Rete.
Si ringrazia la Prof. Di Marzio e gli utenti di EclisseForum per l’enorme partecipazione nella stesura di questo articolo.
Sull'identificazione delle sette:
Cos'è di fatto una religione? E cos'è una setta? Quali sono le differenze sostanziali?
Non c’è alcuna definizione scientifica condivisa di “setta o “religione”.
La stessa Chiesa nacque come setta per eccellenza e nel tempo è la stessa Chiesa che dal punto di vista storico ha considerato “sette” altri movimenti religiosi. Il termine setta religiosa, indipendentemente dal suo significato etimologico, viene percepito con connotati molto negativi nella società odierna. Come si è evoluta questa percezione dal punto di vista storico?
La ricostruzione storica sarebbe troppo complessa da fare tuttavia fornisco qualche indicazione generale:
- Definizione di Ernst Troeltsch: Dal punto di vista sociologico nei primi decenni del ventesimo secolo Ernst Troeltsch (1865-1923) aveva proposto la distinzione fra il tipo-Chiesa (un gruppo religioso in armonia con la società circostante), il tipo-setta (un gruppo religioso che contesta la società circostante), il tipo-mistico (un gruppo religioso che fissa la sua attenzione sull’auto-perfezionamento dei membri). Questa distinzione non funziona perché non tiene conto del continuo cambiamento che si verifica nei gruppi religiosi i quali si trasformano continuamente nella struttura, nella dottrina e nella prassi.
-Definizione sociologica: Il sociologo Benjamin Zablocki ipotizza che si possa parlare di "setta" nel senso di "organizzazione ideologica tenuta insieme da relazioni carismatiche e richiedente un impegno totale". Per "carisma" si intende un potere spirituale o una qualità personale che dà ad un individuo una considerevole influenza o autorità su un gran numero di persone. Da ciò ne deriva che una setta è caratterizzata da un'ideologia, forti richieste che provengono da quella ideologia, e potenti processi di influenza socio-psicologica che inducono i membri di quel gruppo a rispondere a quelle richieste. Un problema relativo a questo tentativo di definizione è che un movimento difficilmente può essere definito "in toto" come "setta". I movimenti sono composti da persone e da piccoli sottogruppi ciascuno dei quali si presenta con dinamiche diverse e spesso questi comportamenti “settari” non appartengono all’intero movimento ma a qualche singolo individuo.
- Definizione criminologica: La parola “setta”, nel modo in cui comunemente viene intesa, prescinde completamente dal suo significato letterale e dalla sua etimologia. Associare la parola “setta” ad un determinato gruppo significa, nella realtà, indicare una entità intrinsecamente “cattiva”, che schiavizza (fisicamente e psicologicamente) i suoi membri, guidata da leaders che perseguono finalità distruttive a danno del singolo e della società. questo tentativo di distinguere le credenze settarie da quelle religiose non ha riscontri reali e viene messo in crisi ogni volta che una religione istituzionale e ben integrata in un contesto sociale si rende protagonista di episodi moralmente riprovevoli o addirittura criminosi.
Per queste sue connotazioni fortemente discriminanti, velate talvolta anche di un razzismo strisciante, il termine “setta” è stato ormai da diversi anni abbandonato nelle pubblicazioni scientifiche della maggior parte degli studiosi del fenomeno.
- Posizione del Consiglio d'Europa: Il Consiglio d'Europa, nel 1999, ha scoraggiato l'uso della parola setta: gli stati membri sono stati invitati ad utilizzare la definizione di "gruppi di natura religiosa, spirituale o esoterica". In questo modo, secondo il Consiglio, si eviterebbero tre insidie: discriminare gruppi con dottrine strane ma del tutto innocui; includere, tra i gruppi pericolosi, organizzazioni perfettamente inserite nelle religioni maggioritarie; distinguere, in maniera discutibile e arbitraria, le sette dalle religioni.
A chi spetta l’identificazione dello status di “setta”?
A mio avviso non spetta a nessuno perché la parola non corrisponde a un oggetto chiaro e preciso e può essere usata arbitrariamente
Quali influenze ha la Chiesa su questo aspetto?
La Chiesa cattolica può avere una certa influenza se i suoi rappresentanti etichettano qualche gruppo come “setta”, poiché in Italia la religione cattolica è maggioritaria, Lo stesso può accadere nei paesi dove la religione cattolica è minoritaria e i cattolici vengono etichettati come “setta” dai rappresentati della religione di maggioranza (per es. Islam)
Ogni tanto emerge il dubbio che le sette sfruttino alcuni contesti religiosi imponenti per trovare proseliti. Esistono alcuni movimenti che basano i propri principi su determinati valori religiosi e che si tramutano successivamente in sette?
Non è possibile rispondere a questa domanda poiché in essa si mettono in contrapposizione la setta e i valori religiosi, cioè si ripropone la differenza tra setta (cattiva) e religione (buona) che non ha alcun riscontro nella realtà. Ci sono gruppi religiosi che nel tempo subiscono dei cambiamenti e diventano sempre più “chiusi” e autoritari ma ciò avviene in tutti i contesti religiosi sia minoritari che maggioritari e anche nella Chiesa cattolica ci sono gruppi e movimenti che sono stati accusati di essere “sette” e di fare proselitismo come le “sette”.
Il fenomeno sette in Italia: statistiche e leggi
Il "trend" delle sette, soprattutto grazie ad internet, è aumentato rispetto a 10 anni fa? Se si di quanto?
Se per sette si intendono le minoranze religiose, sì, c’è stato un aumento anche perché è aumentata l’immigrazione che ha portato altri culti e forme religiose nel nostro Paese. Internet sicuramente amplifica il fenomeno perché una singola persona può creare un sito, chiamarlo “associazione” e dire che è un associazione religiosa, ma poi bisogna vedere chi e cosa c’è veramente dietro, se non è solo un sito.
Quali sono i profili psicologici e le età maggiormente colpite dalle sette?
Se per sette si intendono gruppi religiosi minoritari non c’è un’ età precisa, tutti possono decidere di aderire a un gruppo religioso diverso da quello maggioritario, e questo si verifica non perché c’è una patologia o un profilo psicologico particolare ma perché ogni persona può a un certo punto della sua vita sentire il bisogno di affidarsi a una entità superiore o a un valore supremo insieme ad altre persone che condividono questa scelta. L’affiliazione può avvenire in momenti di crisi oppure in momenti di grande felicità e soddisfazione. E’ una affermazione errata quella secondo la quale l’affiliazione avviene SOLO quando le persone stanno male o sono deboli, non è sempre così e ci sono casi diversissimi tra loro.
Quanto è radicato il fenomeno delle sette nel nostro Paese? Potrebbe fornirci qualche numero?
Gli unici dati attendibili sono quelli forniti dal CESNUR, con il quale collaboro, e sono pubblicati all’indirizzo:
http://www.cesnur.org/religioni_italia/introduzione_01.htm
E’ importante però precisare che questi dati non indicano il numero delle “sette” in Italia, perché L’Enciclopedia curata da CESNUR non utilizza questa terminologia (vedi l’Introduzione all’Opera). Questi sono i dati dei gruppi, associazioni, realtà spirituali di diverso genere, che in Italia rientrano in diversi filoni di religiosità e spiritualità e che si collocano al di fuori della tradizione cattolica propriamente detta.
I dati generali sono questi:
“Anche se in molti casi le statistiche sono difficili, i totali di questa ricerca relativi a quanti chiaramente manifestano un'identità religiosa diversa dalla cattolica in Italia sono di circa1.395.000 unità se si prendono in esame i cittadini italiani, e di circa 4.358.000 unità se si aggiungono gli immigrati non cittadini, il che ha rilievo principalmente per il mondo islamico e secondariamente per un'immigrazione cristiano-ortodossa dall'Est europeo di proporzioni notevoli, ma anche – per esempio – per l'induismo, il buddhismo, le religioni sikh e radhasoami, un robusto protestantesimo pentecostale e battista di origine cinese, coreana, filippina e africana, o l'immigrazione copta proveniente da diversi Paesi dell'Africa.
Anche fra i cittadini – un dato che include quanti hanno acquisito la cittadinanza, con una media che dal 2005 al 2012 supera le 40.000 unità annue –, siamo come si vede a una percentuale sul totale della popolazione ‒ fissata a 60.626.442 residenti, secondo i più recenti dati del bilancio demografico, resi noti nel 2011 dall'Istituto nazionale di statistica, dei quali gli stranieri sono 4.570.317, pari al 7,5% (un'incidenza superiore alla media dell'Unione Europea, pari al 6,5%) ‒ del 2,5%, più del doppio del mitico uno per cento più volte infondatamente menzionato. Se si considerano i residenti sul territorio la percentuale di appartenenti a minoranze religiose sale intorno al 7,2%. Presentiamo queste conclusioni insieme senza trarne alcuna specifica conseguenza di carattere generale – il che andrebbe ben oltre i compiti di questo nostro lavoro – e consapevoli del fatto che documentare il pluralismo è un gesto a suo modo "politico" (DATI CESNUR 2012).
A livello legislativo, quali sono gli "estremi" che di fatto imputano a una comunità lo status di setta? Quali sono i parametri entro i quali è possibile intervenire a livello legale?
Non ci sono parametri per stabilire quando un gruppo è setta e quando non lo è a livello legislativo. Ci sono gruppi di tutti i tipi all’interno dei quali si compiono reati e la giustizia si deve occupare dei reati e di chi li commette, non di stabilire se un gruppo è una setta oppure no, tra l’altro non c’è alcuna definizione condivisa di questa parola. A livello legale si interviene colpendo chi, all’interno di qualsiasi tipo di aggregazione o come individuo singolo, commette i reati previsti dal codice penale
La legislazione italiana è dura quanto quella francese nei confronti delle sette?
La legislazione italiana non ha una legge contro la manipolazione mentale e, comunque, in Francia quella legge si è dimostrata quasi del tutto inapplicabile.
Nel nostro paese, le associazioni registrate “anti-setta” vengono stimolate e sono ufficialmente riconosciute come “bene pubblico”? Possono denunciare e muovere cause collettive in nome delle vittime?
Certo, e lo fanno continuamente. Ci sono alcuni politici che credono nella loro utilità.
In quale contesto può operare un’associazione “anti-setta” in Italia e cosa pensa Lei della situazione legislativa italiana in questo senso?
Come ho detto nella mia audizione al Senato e come ho provato attraverso i documenti che ho depositato presso la Commissione Giustizia:
1) Non esiste alcun “allarme sette” in Italia
Nel nostro Paese è in atto una sorta di “strategia del terrore” per quanto riguarda il cosiddetto “allarme sette”, cavallo di battaglia della propaganda antisettaria, un fenomeno oggetto di studio da parte della sociologia e psicologia già da decenni. Con l’aiuto dei media le associazioni antisette riescono a creare uno stato di allarme sociale e a influenzare anche chi ha il compito di affrontare l’eventuale emergenza, cioè il mondo politico. E' vero che dentro alcuni gruppi religiosi si compiono reati, come avviene in altri gruppi, tuttavia le leggi vigenti, a mio avviso, sono sufficienti a punire gli eventuali reati.
2) Il DDL 569 è una norma che può colpire indiscriminatamente il “dissenso”
Il DDL 569, la proposta di legge per introdurre nel codice penale il reato di manipolazione mentale, analogamente ad altre precedenti proposte, non è, a mio avviso, utile a tutelare le cosiddette ”vittime” delle sette religiose. Si tratta di una norma che potrebbe colpire indiscriminatamente anche gruppi religiosi innocui poiché si fonda su una nozione, quella di "manipolazione mentale", incerta, difficile da accertare e, per questo, rifiutata dalla maggior parte degli studiosi. Ritengo, in base all’esperienza che ho accumulato in oltre 15 anni di esperienza, che il problema da affrontare sia molto complesso e le soluzioni semplicistiche rischiano di peggiorare la situazione e acuire le sofferenze delle stesse vittime (famiglie o adepti che siano).
3)Il DDL 569 non risolve il problema dell’affiliazione “non gradita”
Se l'obiettivo è quello di restituire alle famiglie i figli o parenti irretiti dalle “sette” credo sia fallito in partenza, poiché chiunque sia veramente irretito da un leader carismatico vede nella persecuzione del suo "idolo" un segno chiaro della sua "bontà" e del suo destino "superiore" che, proprio perché tale, non viene compreso dal "mondo", cioè da chi non fa parte della “setta”. L'esperienza insegna che il “condizionamento mentale” si rafforza quando vengono intraprese azioni di forza per costringere l'adepto a staccarsi dal suo leader, o viceversa.
4)E’ difficile misurare il “grado” di manipolazione mentale
Un altro elemento fortemente discutibile in questo DDL è che non si comprende come si possa distinguere, misurare o stabilire il grado di “manipolazione” subita da una persona. Ci sono molti casi in cui la scelta di aderire ad un gruppo religioso alternativo o minoritario è libera e serena, frutto di riflessione personale. Come si farà a distinguere il consenso viziato da quello libero?
5)Le “sette” sono gruppi religiosi percepiti “devianti” dalla società
L’accusa di essere “setta” e di essere stato “manipolato mentalmente” può essere rivolta a tutti gruppi religiosi anche a quelli che la società riconosce come maggioritari e generalmente accettati. In Italia accusare qualcuno di essere “setta” equivale ad attribuire un marchio di infamia senza alcuna giustificazione a persone, famiglie e associazioni che hanno la “colpa” di avere dei nemici, spesso ex adepti.
6) La posizione del Consiglio d’Europa contraria a “leggi speciali”
Anche il Consiglio d’Europa, intervenendo subito dopo i gravissimi episodi di suicidi e omicidi avvenuti negli anni novanta in Europa, si è pronunciato contro leggi speciali in materia di “sette”, come risulta dall’ importante Raccomandazione 1412 (1999) in cui, rivolgendosi agli Stati membri, proponeva diverse azioni, ma non “leggi speciali”: Il Consiglio d'Europa, al n.10 della Raccomandazione 1412(1999), chiedeva: “ l'uso delle normali procedure della legge penale e civile contro le pratiche illegali svolte in nome di gruppi di natura religiosa, esoterica o spirituale”.
7) Manca fondamento scientifico per la nozione di “manipolazione mentale” applicata a gruppi religiosi
La Divisione 36 dell’APA (Divisione di Psicologia della Religione) ha approvato una risoluzione nella quale dichiarava:“…non c’è consenso sul fatto che vi siano sufficienti ricerche in ambito psicologico che pongano sullo stesso piano, dal punto di vista scientifico, la persuasione indebita non fisica (denominata anche «persuasione coercitiva»,«controllo mentale», o «lavaggio del cervello») con le tecniche di influenza che sono normalmente praticate da uno o più gruppi religiosi (APA, 1991).
In conclusione io credo che per affrontare adeguatamente i problemi legati al fenomeno dell’affiliazione a gruppi settari di vario genere sono necessari interventi ad ampio raggio che coinvolgano diversi enti e soggetti in campo sanitario, educativo, religioso e culturale. L’affiliazione ai nuovi culti non è un fenomeno da considerare in se stesso come "patologico" poiché l’adesione ad una religione, maggioritaria o minoritaria, non costituisce, di per sé, un problema per la salute mentale dell'individuo. Anzi, spesso la dimensione religiosa diventa una componente della personalità arricchente ed unificante, tanto da poterne spesso verificare gli effetti positivi sul benessere psicofisico dell’individuo. Il fenomeno si affronta adeguatamente non istituendo nuovi reati ma promuovendo la prevenzione attraverso una corretta informazione. Nei casi, invece, in cui l’affiliazione religiosa assume un carattere deformato fino a causare danni di vario genere alle persone, è necessario che vengano intraprese alcune iniziative concrete per fornire l’assistenza e l’aiuto psicologico e pedagogico necessario nei casi di conflitti individuali e/o familiari.
In Italia la presenza del Vaticano permette un'interazione diretta su tante normative, Questo avviene anche sull’identificazione delle sette? Se si, l’ingerenza non rischia di limitare l'efficacia di una legge a tal proposito?
Io ritengo che il Vaticano non dovrebbe ingerire in alcun modo sulle leggi dello Stato. I cattolici e anche le gerarchie cattoliche hanno il diritto-dovere di esprimere le loro opinioni che, in uno Stato laico, sono solo opinioni, e anche le minoranze hanno il diritto-dovere di esprimerle. Lo Stato ha il dovere di promulgare leggi che siano eque per tutti i cittadini a qualsiasi confessione appartengano.
Se si potesse fare un paragone, qual è la situazione legislativa negli altri Paesi occidentali?
A parte la Francia che ha dimostrato un antisettarismo aggressivo, da molti anni, l’atteggiamento degli Stati è abbastanza tollerante, a parte il caso del Belgio che stilò, alcuni anni fa, un elenco di “sette” nel quale comparivano anche gruppi cattolici riconosciuti. Successivamente non mi sembra che ci siano stati dei rigurgiti antisettari in quel paese, ma non rientra nelle mie competenze la conoscenza della situazione legislativa generale nei diversi paesi europei, perciò potrei sbagliarmi.
Per eventuali approfondimenti, rimandiamo alla pubblicazione della Dottoressa Di Marzio:
Nuove religioni e sette. La psicologia di fronte alle nuove forme di culto”, Edizioni Scientifiche Magi, Roma, 2010.
Si ringrazia la Prof.ssa Di Marzio Raffaella per la disponibilità. L’appuntamento è tra qualche settimana, con la stesura della seconda parte dell’Articolo “Le Sette Religiose: EclisseForum.it Intervista la Prof.ssa Raffaella di Marzio”.
Intervista a EclisseForum.it (Seconda Parte)